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L'ingegneria del Ponte Morandi

...e perché potrebbe non aver aiutato al momento del crollo

Il ponte Morandi di Genova -proprio così, non è l’unico- è stato chiuso al traffico per il parziale crollo della sua struttura il 14 agosto 2018; questo viadotto autostradale collegava due quartieri di Genova e attraversava il fiume Polcevera, dal quale prende il suo vero nome.

Fu progettato dall’architetto Riccardo Morandi e costruito dal 1963 al 1967; l’inaugurazione avvenne il 4 settembre dello stesso anno e l’opera era considerata una meraviglia ingegneristica oltre che una via di comunicazione fondamentale a lungo attesa per bypassare il capoluogo ligure.

Già a suo tempo era attraversato da grandi volumi di traffico che sono andati via via aumentando nel tempo tanto da poter affermare che nelle ore di punta il viadotto dovesse sopportare il carico di code di automobili e autotreni incolonnati.

 

Il viadotto Polcevera seguiva i nuovi canoni ingegneristici dettati dal suo inventore, in particolare si riconosce per i tre imponenti stralli in cemento armato precompresso.

Ok, già i più accorti si saranno fermati dubbiosi alla frase precedente: com’è mai possibile costruire stralli, strutture soggette a trazione, in cemento, se esso non ha resistenza alla trazione?

In realtà il cemento è solamente una copertura, assolutamente inutile dal punto di vista strutturale, dei cavi in acciaio che si trovano al suo interno.

Esso causa un aumento del peso della struttura in due modi.

Primo: dal momento che il metallo deve comprimere il cemento per tenerlo insieme diminuisce il carico massimo utile che esso può sopportare, pertanto ne è richiesto di più.

Secondo: il peso del cemento stesso è inutile a scopi strutturali e si aggiunge al restante.

Dunque, nonostante si sapesse che non era la soluzione più economica e più efficiente, si procedette in questa direzione anche per questioni di design.

 

Negli anni ’90 il ponte ha subito pesanti interventi di rinforzo: complice la scarsa manutenzione precedente e il progressivo aumento del carico che esso doveva sopportare a causa dell’aumento del traffico erano stati riscontrati gravi danni da usura sul primo pilastro strallato.

Queste strutture ausiliarie hanno mascherato i reali problemi: il ponte era storto e deformato in modo permanente ed era attesa una sostituzione in tempi brevi.

Tutto ciò non è mai avvenuto e nel frattempo diversi segni di cedimento sono apparsi lungo tutto il viadotto; vari studi sembrano aver testimoniato che anche gli elementi portanti dentro le coperture di cemento erano danneggiati.

 

Vari progetti erano stati elaborati da quegli anni in poi per potenziare la rete autostradale ma hanno sempre trovato ostacoli: non venivano prese in considerazione le reali condizioni del ponte -forse per l’ignoranza al riguardo-, che necessitava di spese enormi di manutenzione.

L’ultima occasione che si è avuta per mettere in disuso il ponte è stata negata da Giuseppe Grillo, il quale ha definito il viadotto Polcevera simbolo di Genova.

 

Fatalità i lavori sarebbero dovuti partire circa in questi giorni, ma il ponte stesso è crollato, non senza preavviso, ma la catastrofe non appariva certo imminente.

Altri ponti Morandi in Italia sono in pericolo e sotto osservazione; purtroppo questo particolare tipo di strutture, seppur bello, soffre più di altre, se non curato alla regola.

 

In qualsiasi altro tipo di ponte strallato sarebbe bastato sostituire i cavi con altri più indicati per garantire la solidità ed evitare le deformazioni -in pratica alla stessa maniera con cui si tirano le corde di una chitarra alla tensione giusta.

Con questo viadotto non si sarebbe potuto dal momento che, a differenza di ponti strallati come quello greco che attraversa lo stretto di Patrasso (il Rion Antirion, costruito in acciaio), che ha molti stralli per pilone, dunque togliendone uno non succede nulla, ogni pilastro ha solo 2 stralli accoppiati e togliendone uno alla volta il ponte non avrebbe potuto reggere.

Questa limitazione è definita non-ridondanza strutturale, ovvero il ponte non è in grado di reggere l’impalcato stradale anche se viene meno solamente una piccola parte degli elementi strutturali.

Ludovico Crespi 5B

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