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Conosciamo la morte?

L'angolo del Cartesio-Luxemburg

Della morte si è sempre parlato. Viene interpretata da noi come paura, paura di tutto: di lasciare i nostri cari o di perderne uno; di non sapere cosa fare dopo; abbiamo paura di restare soli e ci sentiamo abbandonati spiritualmente. Quando muore una persona, il corpo visibilmente cessa di vivere ma dall’antichità molteplici tradizioni culturali affermano che della singola persona lo spirito (o anima) sussiste. Veglia come angelo custode su di noi. Non molti ci pensano. Mentre un corpo può stare in un solo posto, lo spirito è ovunque.

Molte religioni parlano della morte in modi diversi, ma vi sono tratti comuni espressi in forme simboliche ed allegoriche:

GLI EBREI

Secondo l’Ebraismo esiste la Gehenna, l’abisso di fuoco menzionato nella Bibbia, e una dimora di beatitudine, il Gan Eden, il giardino terrestre degli inizi e dimora finale. I malvagi trascorreranno nella Gehenna, salvo casi eccezionali, 12 mesi: dopo entreranno nel Gan Eden per godere in compagnia del giusto, secondo l’espressione rabbinica, “lo splendore della Shekinà” (presenza divina) e la vita eterna. Il Gan Eden non è riservato esclusivamente a Israele: l’insegnamento giudaico fa dipendere la salvezza dalla retta condotta, di conseguenza tutti gli uomini sono ammessi alla beatitudine della vita futura. L’Equità divina si esprime nell’intolleranza del male e nella punizione del peccato. Conformemente, la Torah fornisce un sistema di punizioni che varia secondo la gravità e l’intenzione dell’offesa.

I CRISTIANI

Il Cristianesimo, in generale, parla del Regno dei Cieli e della possibilità, per tutti, di risorgere con il proprio corpo nel giorno del Giudizio Universale. Il Paradiso è un giardino fiorito presieduto da Maria. Nell’iconografia e nell’immaginario cristiano hanno avuto un grande impatto le descrizioni del Paradiso elaborate dai teologi, dai padri della chiesa, ma anche dagli artisti. Celebre è l’impostazione delle sfere celesti, presiedute dalle varie gerarchie di Angeli, Arcangeli, Troni, Cherubini, Serafini che ruotano creando musiche sublimi e al vertice dei quali c’è la Santissima Trinità che infonde una luce celestiale. Uno dei vertici della rappresentazione cristiana dei mondi ultraterreni si trova proprio nella tradizione letteraria italiana: “La Divina Commedia” di Dante che riprende schemi e concetti della teologia medievale.

I MUSULMANI

I Musulmani dipingono il Paradiso in contrasto con le condizioni di stenti, con le privazioni tipiche della vita terrena alle quali si è abituati. Perciò si tratta di un’oasi celeste, un giardino con ruscelli di acqua fresca, latte e miele, palme cariche di datteri, frutta profumata e succulenta, animali esotici e cibi deliziosi. Esso è la destinazione di coloro che hanno obbedito agli insegnamenti contenuti nel libro rivelato, il Corano.

GLI INDUISTI E I BUDDISTI

Le due religioni prevedono vari paradisi nei quali le anime in attesa di reincarnarsi vengono rifocillate. A differenza dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam l’obiettivo finale non è una vita individuale nell’aldilà, ma l’unione spirituale con l’Assoluto nell’induismo e l’annullamento del “sè” nel Buddhismo. Nell’aldilà si ottiene il premio per le giuste azioni e i sacrifici fatti in vita. La legge del karma regola il ciclo delle reincarnazioni ma ciò a cui tende il fedele è la liberazione finale.

 

Parlando da persona che ha vissuto più volte la morte in prima persona posso solo dire che non ho sofferto davvero per la persona che è uscita dal corpo, ma per il dolore altrui e perché in quei momenti non ero capace di parlare. Ragionandoci, la morte non è una perdita definitiva; provando a stare in pace con i sensi si possono percepire delle presenze che confortano. Questa per me è la morte.

 

Vorrei che leggendo quest’articolo, ciascuno possa riflettere.

Martina Clemenzi, Federico Ferenc Messina 3A

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