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Viaggio all'interno di un buco nero

Scritto da Lorenzo Perot 4F

L’universo, per come lo conosciamo, è pieno di eventi mozzafiato al limite dell’immaginario: da dei semplici asteroidi a splendide comete, da pianeti freddi e scuri a luminosissime stelle ipergiganti. Tra tutti questi fenomeni, il più singolare e allo stesso tempo più misterioso, è il buco nero. Il termine fu coniato dal fisico statunitense John Archibald Wheeler ma i primi cenni sull’argomento si hanno già verso la fine del XVIII secolo, quando viene ipotizzata l’esistenza di un corpo celeste con così tanta massa da avere una velocità di fuga (la velocità necessaria a sfuggire dal campo gravitazionale del pianeta) superiore a quella della luce. Detto ciò, prima di parlare di un possibile tuffo all’interno di un buco nero, bisogna prima capire cos’è e come si forma. Quando una stella sta per morire e quindi finire il suo “carburante”, non riuscendo più a fondere gli atomi che la compongono, la sua stessa gravità prende il sopravvento schiacciandola in una morsa fatale che la fa comprimere riducendone drasticamente le dimensioni. In base alla massa della stella si ottengono risultati differenti: se poco o mediamente massiccia, crea una nana bianca, se molto massiccia, diventa una stella di neutroni e se enormemente massiccia, collassa trasformandosi in un buco nero. In quest’ultimo caso, una stella di dimensioni enormi si riduce incredibilmente, tanto che, per fare un paragone, se si volesse rendere la terra un buco nero, bisognerebbe comprimerla fino alla grandezza di una nocciolina. Mettendo così tanta massa in uno spazio così minuto, si ottiene un’attrazione gravitazionale immensa tale da, appunto, non lasciar uscire neanche la luce. La linea che separa la luce che riesce ad allontanarsi dal buco nero e quella che invece viene attratta -per questo appare nero- è detta orizzonte degli eventi, mentre il “segreto” che si trova al centro del “buco” e che è praticamente irraggiungibile, è detto singolarità

Eccoci ora alla domanda di questo articolo: cosa succederebbe se entrassimo in un buco nero? Per rispondere, bisogna avere a mente alcuni punti fondamentali della relatività: più sei vicino a un centro gravitazionale e più il tempo passa lento rispetto a una persona che è più lontana, quindi qualcuno che abita sulle cime dell’Himalaya vivrà idealmente anche pochi centesimi di secondo in meno di qualcun altro che abita al livello del mare, a causa proprio della distanza dalla terra. Ora immaginiamo due astronauti davanti a un buco nero: uno rimane fermo, mentre l’altro si lancia al suo interno, quello fermo vedrà il compagno cadere sempre più veloce finché, una volta attraversato l’orizzonte degli eventi, non rimarrà solo un’immagine immobile dell’astronauta che si dissolverà in poco tempo, diventando sempre di più di colore rosso. Il secondo invece avrà due scelte: guardare avanti o indietro. Nel primo caso vedrà una palla buia avvicinarsi con delle “pieghe dello spazio-tempo” intorno, causate proprio dalla gravità, finendo per vedere davanti cose che stanno accanto o dietro di lui. Tutto ciò succede perché la luce comincia, in un certo senso, a curvare a causa della gravità. Questa caduta lo porterà a far rallentare il tempo finché non diventerà così lento da farlo sentire fermo e finendo per non vedere assolutamente nulla davanti a se e non raggiungendo mai il vero centro; mentre guardando indietro vedrebbe letteralmente tutta la vita dell’universo passargli davanti sempre più veloce, assistendo a eventi come l’ultima forma di vita che muore o l’ultima stella che si spegne. Tutto ciò sarebbe vero solo se l’astronauta fosse indistruttibile, infatti la gravità lo ucciderebbe in pochissimo tempo per un processo detto “spaghettificazione”. Tale fenomeno funziona grazie all’enorme intensità gravitazionale del buco nero, la quale, come è logico pensare, attrae più ciò che si trova più vicino a lui e meno ciò che si trova più lontano, come ogni cosa nell’universo. In questo caso, però, se sulla terra la differenza è minima, sul buco nero è abissale, portando addirittura parti del corpo diverse, come testa e gambe ad avere due differenti accelerazioni. Questo provocherebbe un letterale spezzarsi a metà del corpo dell’astronauta che continuerebbe fino a che non rimarrebbero solo gli atomi di cui era fatto. Allo stesso tempo, lo spazio stesso si stringerebbe sempre più, come se cadesse in un cono, comprimendo l’uomo e allungandolo. Fortunatamente c’è la teoria per cui: al posto di comprimersi fino a diventare sub-atomico, ipotizzando che sopravviva alla gravità, l’astronauta possa uscire dall’altra parte da un buco bianco, un “buco nero” estremamente luminoso che espelle ogni cosa invece che divorarla. Tale fenomeno è chiamato “ponte di Einstein-Rosen” o “wormhole”: una sorta di teletrasporto. 

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