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C'erano una volta?

Scritto da Giulia Fantini 4B

…. tanto tempo fa, delle favole antiche tramandate oralmente di generazione in generazione. Un bel giorno, non poco recente, tutto cambiò e le favole vennero completamente stravolte…

 

L’antica tradizione favolistica risale al VI secolo a.C. in Grecia, con Esopo. I suoi racconti erano portatori di un preciso messaggio morale, e spesso criticavano vari aspetti della società e dei costumi. Per convenzione, i vizi e le virtù dei personaggi venivano associati ad animali fantastici o parlanti, o a fi gure popolari stereotipate, come il re avaro, la regina presuntuosa e la principessa dall’animo gentile. Questo facilitava l’apprendimento delle favole che, essendo raccontate verbalmente, venivano spesso modifi cate dalla memoria più o meno buona del narratore. Inoltre queste storie erano indirizzate a un pubblico adulto, che era maggiormente in grado di comprendere il signifi cato etico nascosto.

Con l’inizio dell’età moderna e della globalizzazione, sono nate aziende che hanno sviluppato un linguaggio commerciale penetrante e convincente. Una di queste, probabilmente la più importante, è proprio la “Walt Disney Company”. Fondata agli inizi del ‘900, la società era presieduta da Walt Disney e da suo fratello Oliver e denominata “Disney Brothers Cartoon Studios”. I loro cartoni e lungometraggi di animazione erano ispirati a fiabe popolari già rielaborate da altri scrittori, come Christian Andersen autore de “La Sirenetta”, Lewis Carrol con “Alice nel paese delle meraviglie”, e il fiorentino Carlo Collodi e le “Avventure di Pinocchio”. Un altro punto fondamentale di ispirazione per i fratelli Disney è stata un’altra coppia di fratelli, altrettanto uniti sia nella famiglia che nel lavoro: Ludwig e Wilhelm Grimm. Nati verso la fi ne del settecento, sono stati due filologi tedeschi che hanno dedicato l’intera vita allo studio della lingua e della comunicazione. Con passione e un pizzico di creatività sono riusciti a dimostrare tutte le loro abilità letterarie nella raccolta “Fiabe” che, dopo aver riscosso un enorme successo, è stata aggiunta per definizione ai grandi classici della letteratura

Tutti noi da piccoli abbiamo sentito parlare di “Cappuccetto Rosso e il Lupo cattivo”, dei “Tre porcellini”, del “Principe ranocchio” e di tanti altri personaggi stravaganti che ci hanno appassionato ed emozionato con le loro avventure, rendendo la nostra mente di bambino più vivace e colorata. Ma, fatto ancora più importante, le peripezie dei nostri protagonisti più amati ci hanno voluto far riflettere su qualcosa in particolare, donandoci una lezione educativa che ci ha aiutato a formare un corretto approccio con la società che ci circonda. Siamo stati così abituati a distinguere i vari comportamenti umani, soprattutto quelli cattivi, e a cercare il modo più efficace per allontanarli. Proprio Pinocchio ci insegna che le bugie non portano nulla di buono, mentre Peter Pan ci fa capire che solo chi sogna è in grado di volare. Volare sì, ma con la fantasia, e saper prendere la vita con la leggerezza e la curiosità di un bambino. 

Ai fratelli Grimm, che esercitavano per lo più la professione di scrittori, interessava principalmente il raggiungimento della stesura di un capolavoro letterario, e anche per questo riuscirono a conservare ancora l’originalità delle fi abe. Non sempre, infatti, i racconti terminavano con l’atteso happy ending, e alcune storie erano caratterizzate da agghiaccianti crudeltà, omicidi, e torture, che comunque rafforzavano il signifi cato morale del quale erano portatrici. I fratelli Disney, che avevano di certo uno scopo diverso dai Grimm, volevano invece sviluppare una fi orente attività economica e, trovandosi alla guida di un’azienda, dovettero rendere le favole più commerciali e riadattarle per un pubblico più esteso. Così, nei loro lungometraggi, eliminarono i particolari più orrendi delle storie, rivolgendo il loro lavoro in particolare ai bambini che furono subito catturati dai quei luoghi fantastici pieni di creature magiche. 

Con il passare degli anni, però, le favole hanno perso l’essenza che le rendeva uniche nel loro genere: la morale. Questo processo è stato sempre più evidente dalla morte dei fratelli Disney, ed è stato supportato dalla tecnologia del ventesimo secolo, che ha diffuso a livello planetario i singoli personaggi delle favole, rendendoli simili a delle mascottes. Molto spesso infatti vengono ripresi e inseriti in cartoni animati buffi , privi di signifi cato, che attirano i bambini principalmente per i colori sgargianti, i suoni e le forme.

Molti penseranno: «Ma in fondo cosa può comprendere un bambino di una storia con una trama più elaborata?» Sicuramente non riuscirà a cogliere tutti gli aspetti e i dettagli del racconto, ma sappiamo con certezza che un bambino pensa attraverso le storie, e impara a conoscere la realtà attraverso la fantasia, a leggere tra le righe. E stiamo pur certi che, se una storia è priva di contenuti validi, l’insegnamento per il bambino, per quanto piccolo possa essere, sarà pari a zero se non diseducativo.

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