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Oltre la percezione: l'antimateria

Scritto da Alex Maimone e Valentina Sarandrea

Come sappiamo, i mattoncini alla base della materia sono gli atomi, a loro volta composti da particelle subatomiche: elettroni, neutroni e protoni. Mentre gli elettroni sono particelle indivisibili, neutroni e protoni contengono al loro interno altre particelle: i Quark. Ne esistono 12 tipi e interagiscono grazie a 4 forze fondamentali: nucleare forte, nucleare debole, elettromagnetica e di gravità. 

Il “modello standard delle particelle” ci permette di descrivere come si forma ciò che vediamo. Così abbiamo scoperto che le particelle hanno un equivalente, che chiamiamo antimateria. Essa è come la materia, ma con una particolarità: le particelle che la compongono hanno cariche inverse. Ad esempio, un atomo di anti-idrogeno, è composto da un anti-protone caricato negativamente, attorno a cui orbita un anti-elettrone o “positrone” con carica positiva. Quando interagiscono un elettrone (materia) e un positrone (antimateria), essi si annichiliscono emettendo una radiazione elettromagnetica ad altissima energia. Per rendere l’idea, se un corpo di materia di 1 kg si scontrasse con un altro corpo con la stessa massa ma di antimateria, l’energia prodotta sarebbe superiore a un’esplosione di una bomba Tsar (la più grande bomba atomica mai fatta esplodere).

Ma perché parliamo proprio di antimateria?

La prima prova solida dell’esistenza dell’antimateria è arrivata nel 1933 grazie a Carl Anderson che, mentre stava lavorando con un rilevatore per altri tipi di particelle, ha osservato un raggio cosmico attraversare l’esperimento lasciando una pioggia di varie particelle, tra cui un positrone. Questa è stata l’idea alla base della costruzione di acceleratori di particelle sempre più potenti, perché ci si è accorti che creando queste collisioni non solo si produce tantissima energia, ma anche una pioggia di diverse particelle; quindi possiamo ricreare le condizioni della nascita di particelle e antiparticelle e capire il motivo per cui esistono materia e antimateria. 

Perché nell’universo non c’è molta antimateria? Perché la materia ha prevalso sull’antimateria?

Si tratta di uno dei più grandi misteri dell’astrofisica contemporanea. Per capirlo dobbiamo tornare ai tempi del Big Bang. Ci si sarebbe aspettata una produzione di antimateria equivalente alla materia che avrebbe fatto finire l’evoluzione cosmica che vediamo oggi, ancor prima di iniziare: l’annichilirsi a vicenda avrebbe dovuto causare un universo fatto esclusivamente di luce. Però non è stato così, infatti parte della materia è sopravvissuta. Sappiamo che doveva esserci circa un miliardesimo di materia in più rispetto all’antimateria, per cui tutto quello che c’era sotto questo miliardesimo si è annichilito. Quel miliardesimo rimasto è rappresentato oggi dalla materia che ci circonda. Questo è un grande mistero perché non abbiamo idea di cosa abbia fatto prevalere la materia. Stiamo quindi cercando una piccolissima differenza che spieghi perché ci sia più materia che antimateria nell’universo. A tal fine, proprio in questi anni, si stanno studiando le sue proprietà; recentemente è stato ottenuto un buon risultato al CERN: è stata osservata una piccola differenza nel decadimento dei Quark rispetto agli ‘Antiquark’.

La ricerca di antiparticelle viene fatta sia sulla terra che nello spazio. Su una stazione spaziale c’è un rilevatore di antimateria per capire quali fenomeni la producano; ad esempio si è scoperto che è generata da esplosioni di stelle o raggi gamma rilasciati nelle vicinanze di buchi neri. Sulla terra piogge di antiparticelle sono prodotte da fenomeni come fulmini, decadimento di atomi, fusione e fissione nucleare: abbiamo anti-particelle intorno a noi di continuo. 

A questo punto possiamo chiederci: perché non usiamo l’antimateria per produrre energia o per alimentare le navicelle spaziali per il futuro?

È un grande sogno della fantascienza e potrebbe funzionare, ma il problema è  produrne abbastanza, dato che è il prodotto più caro della Terra: un grammo costa circa 30 miliardi di Euro.

Per ottenerla abbiamo bisogno di acceleratori di particelle kilometrici. Per ora siamo riusciti solo a produrre una manciata di antiatomi di idrogeno, ma è un traguardo importante data l’estrema instabilità del prodotto.

Sembra tutto così astratto e poco utile, ma in realtà l’antimateria è molto importante per il nostro futuro. Ad esempio, avete mai sentito parlare negli ospedali di PET (Positron Emission Tomography)? È un metodo di indagine che permette di misurare funzioni metaboliche e reazioni biochimiche e ha applicazione in larga scala nelle neuro-scienze, in oncologia e cardiologia grazie all’emissione di positroni. Questo macchinario salva continuamente vite.

Non solo, si sta cercando il modo in cui usare la collisione tra elettroni e positroni per combattere direttamente i tumori, quindi usare l’antimateria per distruggere i tumori mirando solo alle cellule specifiche. 

Ciò che spinge i fisici a continuare le ricerche è la scoperta di un qualcosa al momento sconosciuto, ma fondamentale per lo studio di ciò che compone il nostro universo, e per le tecnologie che cambieranno il nostro futuro. 


Alex Maimone 3A e Valentina Sarandrea 4A

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