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Alcol, cannabis e tabacco e il loro effetto sui ragazzi

Scritto da Francesco D’Amico e Valentina Sarandrea

Il rapporto annuale dell’ESPAD (European School Project on Alcohol and Drugs, 2015) ha mostrato come in Italia la prevalenza di alcune condotte di abuso, come fumo di sigaretta, alcol e cannabis, sia superiore alla media europea: il 21% degli studenti italiani fuma quotidianamente, il 57% consuma abitualmente alcolici e il 15% assume regolarmente cannabis.  A tale proposito abbiamo intervistato la Dott.ssa Vittoria Ferri (specializzanda di Psichiatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “A. Gemelli”).

Cos’è la dipendenza? Quali sostanze possono provocarla?

La dipendenza patologica da una sostanza stupefacente secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, ndr) è una “condizione psichica e talvolta anche fisica, derivata dall’interazione fra un organismo vivente e una sostanza tossica, e caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che comportano sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico allo scopo di provare i suoi effetti psicologici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione” (OMS, 2003).  

 

Da un punto di vista neurobiologico, una sostanza in grado di provocare il rilascio di dopamina (il neurotrasmettitore responsabile del piacere) in un’area specifica del cervello può causare dipendenza. Il rilascio di dopamina funziona come un segnale, che ha come conseguenza la fissazione di una memoria: “la sostanza è piacevole, quindi significa che la voglio ancora”. Ne deriva un meccanismo di ricerca e, quindi, di dipendenza. Non tutti coloro che sperimentano una sostanza d’abuso ne diventano dipendenti; l’instaurarsi di una dipendenza dipende da molti fattori, di tipo genetico, biologico, ambientale e psicologico. In questo senso, la sostanza oggetto d’abuso può rappresentare una consolazione, una gratificazione, riempire un vuoto, prendersi cura di una parte dell’individuo. 

 

Oggi, in realtà, il concetto di dipendenza non è più ristretto soltanto all’assunzione di sostanze (tabacco, alcol, droghe): è stato dimostrato che alcuni comportamenti sono in grado di provocare le stesse reazioni neurobiologiche e comportamentali. Mangiare, navigare in internet, giocare con i videogame, fare shopping, scommettere, fare attività fisica e avere relazioni sono attività che fanno parte della vita quotidiana di molti di noi, ma possono assumere le caratteristiche di vere e proprie dipendenze, 

caratterizzate da comportamenti di craving (ricerca compulsiva della sostanza/del comportamento) e sintomi di astinenza laddove il comportamento non venga più attuato. 

 

È corretto parlare di dipendenza in fase adolescenziale?

In adolescenza parlare di dipendenza non è completamente corretto, si preferisce parlare di “fasi di abuso” perché i meccanismi di dipendenza veri e propri sono ancora immaturi. L’adolescenza è un periodo particolarmente critico per l’instaurarsi di condotte d’abuso, a causa dei grandi cambiamenti ormonali, fisici, psicologici e sociali. Da un punto di vista neurobiologico, i cambiamenti che avvengono durante l’adolescenza comportano uno squilibrio tra il “cervello emotivo”, che va incontro a rapida maturazione durante la pubertà, e il “cervello razionale”, che continua ad andare incontro a cambiamenti sostanziali fino ai 30 anni. Questo potrebbe essere alla base dell’abuso in adolescenza.

 

DATI DELL’ESPAD (2015, campione europeo tra 15 e 16 anni)

 

Come reagisce il nostro corpo all’abuso di alcol?

Nei ragazzi sotto i 16 anni l’enzima ADH (alcol deidrogenasi), che permette la metabolizzazione dell’alcol, funziona molto meno che negli adulti, ed è ancora più carente nel sesso femminile. Questo rende gli adolescenti particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dell’alcol. L’OMS classifica come “comportamento a rischio” qualsiasi quantità di alcol assunta prima dei 16 anni e il “binge drinking” sopra i 17. Il binge drinking è l’assunzione di più di 4 (nella donna) o 5 (nell’uomo) bevande alcoliche in una serata. Gli effetti negativi dell’alcol possono essere sia immediati che a lungo termine e riguardano soprattutto fegato e sistema nervoso. Dopo un episodio di binge drinking nel fegato si può instaurare una condizione di “steatosi alcolica”, che consiste in un aumento del volume del fegato e da una iniziale compromissione della sua funzionalità. La steatosi è reversibile interrompendo l’uso di alcolici, ma quando l’abuso diventa cronico, anche i danni al fegato possono diventare irreversibili. L’attività tossica dell’alcol sul sistema nervoso può influire in modo negativo sulla capacità di apprendimento e di relazionarsi con gli altri; a lungo termine può causare neuropatie (danni ai nervi periferici, con alterazioni della sensibilità e della motricità) e demenza.

La cannabis crea dipendenza?

Sì, anche la cannabis è in grado di provocare un rilascio di dopamina nel cervello, quindi può causare dipendenza. Con la cannabis sativa (naturale), la percentuale è piuttosto bassa: su cento consumatori di marijuana, 8-10 sviluppano una vera e propria dipendenza.

 

Quali sono gli effetti della marijuana? E dell’hashish?

Hashish e marijuana sono due derivati della stessa pianta che è la canapa. L’hashish deriva dalla resina dei fiori impastata con miele o grasso animale, invece la marijuana è la miscela di varie parti della pianta essiccate, soprattutto in fluorescenze e foglie. Quindi le sostanze attive sono le stesse e sono più di 50, ma le due più importanti sono THC (tetraidrocannabinolo) e CBD(cannabidiolo). Nei neuroni c'è un recettore, il CB1, o recettore dei cannabinoidi, al quale normalmente si legano gli endocannabinoidi, analgesici naturali prodotti in minime quantità dal nostro organismo. In questo recettore si inserisce però anche il THC, che così permette un maggior rilascio di dopamina. Usando la marijuana di derivazione naturale, la quantità di THC in uno spinello è relativamente bassa e il CBD, che ha azione antipsicotica naturale, blocca il rilascio della dopamina. In pratica, se piccole dosi di THC nella cannabis fanno da acceleratore del piacere, il CBD fa da freno e questo spiega perché la cannabis abbia fama di essere innocua.

 

La cannabis è dannosa per l’organismo?

La cannabis naturale ha la fama di essere una sostanza tollerata e relativamente poco dannosa, nonostante ciò nel 20-25% dei soggetti può creare problemi. Nei consumatori cronici il rischio di schizofrenia è aumentato da 3 a 6 volte rispetto alla popolazione generale. Il rischio di sviluppo di psicosi è legato alla quantità di principio attivo e alla predisposizione psicobiologica del soggetto.

Negli ultimi anni sul mercato sono comparsi nuovi tipi di cannabis, con vari nomi (skunk, super skunk, netherweed, erba olandese), coltivati in serra, sotto lampade che forniscono una insolazione artificiale costante. Nello skunk la quantità di THC è 5 volte maggiore rispetto alla cannabis sativa, nel “super skunk” è addirittura 10 volte maggiore, inoltre le “nuove piante” non producono più (o in misura molto minore) il freno naturale, ovvero il CBD. Recentemente sono comparse in Europa le cosiddette “spice drugs”, cannabinoidi di sintesi contenenti anche 30 volte il THC contenuto nella cannabis sativa, insieme ad altre sostanze stupefacenti. Sono vendute sotto forma di sali da bagno o incensi e sono facilmente reperibili su internet, anche se ancora poco diffuse in Italia. 

Oltre alla quantità di THC, nel parlare di danni da cannabis bisogna tener presente anche l’età di assunzione della sostanza: il rischio di sviluppo di psicosi è particolarmente elevato sotto il rischio di sviluppo di psicosi è particolarmente elevato sotto i 13-15 anni di età e rimane elevato per tutta l’adolescenza. Il cervello dell’adolescente è molto più plastico di quello dell’adulto, quindi più sensibile ai cambiamenti funzionali e strutturali indotti dalla sostanza. Il rischio più importante legato al consumo di cannabis è lo sviluppo di psicosi, una condizione caratterizzata da delirio (un pensiero non aderente al piano di realtà) e dispercezioni (allucinazioni, visive, uditive, etc.). Molti di coloro che hanno assunto questa sostanza hanno sperimentato una breve fase di “psicosi”, manifestatasi con brevi e fugaci allucinazioni visive o pensieri paranoici, reversibile al termine dell’attività della sostanza stessa.  In alcuni casi però si può instaurare una vera e propria psicosi, che perdura oltre l’attività della sostanza, e non sempre è reversibile con la completa cessazione dell’assunzione. Fattori di rischio per tale condizione sono una precoce età di utilizzo e un alto quantitativo di THC. Sono stati documentati casi di psicosi dopo una sola assunzione spice drugs. 

Per quanto riguarda il ruolo della cannabis nello sviluppo di deficit di memoria e riduzione dell’apprendimento e dell’intelligenza, ad oggi il dibattito è ancora aperto e gli studi non hanno portato ad una conclusione univoca. Infine, è stata descritta anche una “sindrome amotivazionale da cannabis”, un quadro che si svilupperebbe nell’utilizzo cronico della sostanza e che si manifesterebbe con apatia, anedonia (mancanza di piacere), mancanza di iniziativa e scarsa cura di sé.

 

Quali danni provoca il consumo regolare di tabacco?

Per il tabacco vale ciò che abbiamo detto fino ad ora: come tutte le sostanze in grado di rilasciare dopamina, può causare dipendenza. La nicotina ha una doppia azione sul cervello: dapprima stimolante ed euforizzante, poi rilassante e ansiolitica. Grazie alle campagne di sensibilizzazione, il consumo di tabacco è in calo rispetto agli anni precedenti, anche se questo sembra non valere per il sesso femminile. I danni a lungo termine del fumo di sigaretta sono molteplici e coinvolgono soprattutto l’albero respiratorio: oltre all’aumento del rischio di tumore, gli effetti negativi si ripercuotono anche sull’apparato cardiovascolare (aumentato rischio di ipertensione, infarto, ictus), sull’apparato gastrointestinale (ulcere gastriche), sull’apparato urogenitale (aumentato rischio di tumore alle vescica, sterilità) e sulla cute (invecchiamento precoce).

*dati ufficiali ESPAD sulla popolazione giovanile europea nel 2015.


Francesco D’Amico 4A e Valentina Sarandrea 4A

 

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